La settimana dell’Antimafia (e poi dite che è in crisi….) 25 marzo 2017
Ma che gioia. Oltre alla settimana bianca e della moda c’è ormai anche la settimana dell’antimafia. Che, nonostante le cicatrici, accende e lascia in ciascuno frammenti di felicità. Locri, sabato scorso, ad esempio. Scrutavo da vicino monsignor Nunzio Galantino, il segretario della Cei, quando parlava alle centinaia di familiari di vittime innocenti riunite da Libera. Ed era davvero uno spettacolo la sua tensione, mentre assicurava che “tutte, ma proprio tutte”, le chiese della Calabria rifiutano la ‘ndrangheta e non le danno spazio nemmeno nelle processioni, nemmeno in cambio di donazioni. O mentre ricordava la scomunica di papa Francesco, di cui aveva appena letto il messaggio. Come non riandare all’82, quando Giovanni Paolo II scese in Sicilia nei momenti più tragici e riuscì a non pronunciare mai la parola mafia, o agli odierni inchini dei preti sotto i balconi dei boss? E la domenica la folla che all’arrivo di Mattarella, cosa da nessuno raccontata, intona spontaneamente “Fratelli d’Italia”, come per gridare che la Calabria vuole essere parte d’Italia, non per invocare soldi pubblici per le clientele, ma per condividere, dell’Italia e della sua Costituzione, diritti e libertà. Momenti da brivido.
Che saranno dispiaciuti a chi nella notte ha tracciato le scritte contro don Ciotti, esaltate come libera espressione di pensiero da quella Rosy Canale portata anni fa in giro per l’Italia come eroina dell’antimafia, per ricevere standing ovation nei teatri più celebrati del nord. Per fortuna l’ubriacatura degli eroi da tam tam mediatico è finita, e pure questa è buona notizia, specie se confrontata con i 25mila giovani veri giunti a Locri martedì mattina.
Anche perché lunedì in altro teatro del nord, al Gaber della Regione Lombardia, Tina Montinaro, simbolo vero dell’antimafia, moglie di Antonio, il caposcorta di Giovanni Falcone, ha scosso i cuori di centinaia di persone insieme al figlio dell’agente Vito Schifani, commosso fino alle lacrime e ormai libero dalle telecamere di Vespa e Salvo Riina. Mentre il mattino dopo nella Milano che sogna la cacciata dei clan, nell’estremo nord di Quarto Oggiaro -droga, violenza e generose associazioni in trincea-, una piazza intera si è colorata di bandiere e di grandi farfalle di cartone dedicate ciascuna a un caduto della lotta alla mafia. Promesse reciproche, canti, balli. Una vera festa dell’antimafia. Un ragazzino delle medie inferiori voleva lasciarmi in ricordo la sua farfalla, che mi riguardava. L’ho ringraziato e gli ho suggerito di tenerla per sé, per ricordare. Ho chiesto come si chiamasse. Nome e cognome erano incredibilmente gli stessi di un ex presidente della Repubblica, pura omonimia, ma meglio lui.
E poi mercoledì sera una gioia contagiosa all’università per la presentazione pubblica delle tesi migliori sulla criminalità organizzata. Collegamenti dall’estero con laureati che spiegavano perché gli è servito studiare quella materia: lo raccontavano dal Libano, dall’Equador, da Vienna, dall’Irlanda, dalla Spagna. Impegnati nella lotta alla droga, nell’aiuto ai rifugiati, nel contrasto delle ecomafie, nell’antiriciclaggio, nel turismo etico, per dire che il lavoro c’è, e pure di qualità. Un’altra scommessa vinta. E infine giovedì, ancora alla Regione Lombardia, in un auditorium affollato, il festival delle idee. Quelle dei cittadini a cui la Commissione antimafia regionale ha finalmente chiesto di dire la loro su come usare i beni confiscati anziché farne la sede di associazioni spesso semi-sconosciute. Suscitando decine e decine di proposte: semplici cittadini, associazioni, scuole, studenti universitari. Un vero, prezioso scaffale delle idee per il prossimo futuro. E al pomeriggio l’incontro riservato con un gruppo di imprenditori prestigiosi vogliosi di sconfiggere la mafia a Milano e in Brianza con uno slancio che mai, tra prudenze e balbettii, avevo colto nei decenni. Bella sorpresa. Come la piccola festa organizzata in onore di Riccardo Orioles, giornalista formatore di talenti antimafiosi, cui sarà applicata la legge Bacchelli sotto la spinta di un inedito movimento di opinione.
Tutto bello e gioioso? No, cari lettori. C’è stata una serata in cui, grazie a Libera, si sono recitati i nomi delle vittime innocenti a Corsico, la celebre Corsico dello stoccafisso dei clan. Eravamo sessanta. In totale solitudine, con appena due persone dietro le finestre di palazzoni infiniti. Sembrava di essere nella Sicilia di Peppino Impastato. Eppure era giusto farlo. I frammenti di felicità non arrivano mai gratis.
(scritto sul Fatto Quotidiano del 25.2.17)