Vergogna!
Vergogna. Da vent’ anni ancora attendiamo di sapere la verità su quanto è accaduto il 23 maggio del 1992. Vergogna. La devono provare i mafiosi, i criminali, i delinquenti che ancora avvelenano la nostra vita. Devono vergognarsi tutti quelli che, dietro una facciata pulita, poi nel quotidiano si dedicano solo al proprio tornaconto, con ogni mezzo lecito e illecito. Vergogna devono sentire tutti coloro che fanno passerella mediatica sotto gli striscioni dell’antimafia e poi non spendono neanche un minuto del loro tempo in iniziative lontane dai riflettori. Noi non ci vogliamo vergognare, noi non abbiamo niente di cui vergognarci perche’ noi non siamo come loro.
Sull’autostrada, insieme a Giovanni Falcone e a Francesca Morvillo sono morti tre ragazzi di poco più di 20 anni. Tre poliziotti, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, che, da volontari, senza percepire una lira in più rispetto allo stipendio, hanno scelto di rischiare la propria vita per senso dello Stato.
Hanno rischiato la loro vita e l’hanno persa. In una macchina saltata in aria, scaraventata dall’altro lato dell’autostrada. Un’automobile diventata la bara di tre corpi ridotti a brandelli.
Non è un romanzo, né la sceneggiatura di un film, come semplicisticamente in questi anni si è arrivati a pensare. Di questi tre ragazzi, morti con la divisa di poliziotti semplici, non si è trovato quasi nulla, sono stati riconosciuti dagli oggetti personali. Ed è ora di dirlo chiaramente, anche se questa memoria fa orrore, disturba le tante anime pie di un paese che troppo spesso ha fretta e voglia di dimenticare.
Noi non ci stiamo, noi non dimentichiamo. Per rispetto a Giovanni Falcone, a Paolo Borsellino, ai loro agenti di scorta, a tutti i giudici, poliziotti, funzionari, morti per difendere una causa che dovrebbe essere quella di tutti: lo Stato. Lo dobbiamo a questi uomini che hanno sacrificato la loro vita. Lo dobbiamo a noi stessi, per poterci guardare in faccia ogni mattina, senza sentirci parte consapevole e inconsapevole di un sistema criminale che, al di là della retorica, continua a strangolarci. Lo dobbiamo ai nostri figli, a tutti i ragazzi che hanno meno di vent’anni e, se non per sentito dire, non ricordano niente di quegli anni schifosi, del sangue versato sulle strade.
Questo è un appello che lanciamo a tutti i siciliani, gli italiani onesti – e sappiamo che sono tanti - che sono stufi di sentire solo sciocchezze sulla storia del nostro paese. A tutta la gente perbene che non ne può più delle vetrine mediatiche dell’antimafia. A tutti quelli che non vanno alle commemorazioni perché non le sentono loro, ma solo occasioni per altri di fare sfoggio.
A loro diciamo: questa manifestazione è la nostra, la vostra, è quella di tutti. Metteteci la faccia, le vostre gambe. Facciamo camminare sul serio, in questi 15 km, la nostra voglia di essere liberi dalla melma della mafia, della corruzione, dell’illegalità.
A noi non interessa speculare sui nostri morti. A noi interessa dimostrare che ancora questo paese può cambiare.